Vi sono esperienze nella vita, capaci di lasciarti segni così forti da rimanere indelebili nella memoria; immagini, odori, suoni e poi brividi che si alternano al calore intenso, sono il crogiolo di elementi che creano emozioni così forti che normalmente difficilmente si penserebbe normalmente di vivere, ma non qui, in Africa.
È su questo “vissuto” che sento di interrompere il racconto cronologico del mio viaggio per condividere con voi una delle esperienze personali più forti e difficili che io abbia vissuto.
Oggi, lunedì 14 febbraio ore 11:00 del mattino sento il bisogno di descrivere sul foglio bianco intangibile del mio pc ciò che continua a turbarmi da qualche giorno. Fortunatamente la bellezza, attorno a me, mi rasserena, lo scorrere del fiume Luangwa, che tanto placidamente trasporta così grandi volumi d’acqua verso lo Zambesi, mi infonde pace e le dolci rigogliose colline, immobili e imperturbabili sulla riva opposta, mi danno sicurezza.
Questa armonia resa immagine mi ricorda quanto sia difficile scrivere questa testimonianza e raccontare in poche righe quello che è il frutto di una guerra silenziosa e subdola ed alla quale ho potuto assistere e che, ogni giorno, qui in Africa, si combatte tanto nel folto della boscaglia quanto tra le alte erbe delle savane Africane.
Per rispetto di questo grande problema, che conosco ancora troppo poco, cercherò di utilizzare un linguaggio più giornalistico e narrativo in questo articolo e quindi andiamo per gradi.
10 febbraio ore 7:00 del mattino
Siamo tutti in cerchio ad ascoltare il morning meeting del Manager quando ancora la fresca brezza mattutina resiste all’incalzare della pesante umidità che cala.
Oggi, annuncia Louis, ci sarà un lungo ed importante lavoro, lo scambio delle aree di competenza di tutte le squadre anti-bracconaggio.
Dopo che, per qualche minuto, non ci capisco un gran che, mi spiegano con calma che lo scambio delle aree di competenza delle squadre è come il “cambio campo” nelle partite di calcio. Una squadra che ha lavorato per mesi in un’area viene spostata in un’altra per varie ragioni che riconducono tutte ad una migliore efficienza ed efficacia dei team.
Il lavoro che svolgerò sarà quello di prelevare una squadra, caricarla con i propri bagagli nel cassone del fuoristrada, portarla al punto di raccolta e ricominciare con un altro prelievo.
10 febbraio ore 8:00 del mattino
Mi metto in marcia in compagnia del capo di tutti gli scout, H., un ragazzo giovane e gentile che già conosco, e inizio a percorrere le piste fangose della riserva fino ai suoi confini più lontani. Il cielo comincia a gonfiarsi generando un grande nembo che, per nostra fortuna, rovescia il suo carico d’acqua lontano. Le ore passano, l’umidità aumenta e anche gli avvistamenti di grandi mammiferi, l’odore della pioggia in lontananza si fa più intenso e continuiamo a percorrere piste sempre più strette e difficili, la foresta sembra inghiottirci, iniziamo una lotta impari contro le mosche Tze-Tze e finalmente uno dopo l’altro ci imbattiamo nei campi anti-bracconaggio perfettamente mimetizzati nel Miombo.
10 febbraio ore 12:00
Scaricato l’ennesimo team al punto di ritrovo e dopo aver soccorso uno dei nostri fuoristrada impantanato nel fango, ci dirigiamo nella parte est della riserva.
H. mi chiede di fermarmi e il suo sguardo si fa serio. Scendiamo dal fuoristrada e dopo poche decine di metri ecco imbatterci in un giaciglio di bracconieri molto recente, ci sono ancora i resti della polenta di mais mangiata a colazione, braci annerite dal fuoco ed un sottile tronco d’albero usato per sostenere il telo cerato che usano come tenda per la notte.
H. inizia a cercare tracce con grande attenzione, avverte via radio il suo team e io osservo la scena ricordando il grande lavoro di divulgazione e formazione sulla piaga del bracconaggio fatto dall’amico Davide Bomben in questi anni.
Il lavoro dello scout è molto pericoloso, spesso l’arresto non si conclude prima di uno scontro a fuoco e questi ragazzi solo nel 2021 hanno arrestato 9 bracconieri e dall’inizio di quest’anno sono ormai 4 gli arresti effettuati.
11 febbraio ore 5.00 del mattino
Dopo 23 ore ininterrotte di lavoro, senza farci mancare due stop nel fango e aver dimenticato la cena, torniamo agli alloggi, sfiniti. Per gli scout però la giornata non è finita ed inizia la caccia ai bracconieri.
Dalla loro parte questi fantastici ragazzi hanno la conoscenza del territorio, la grande esperienza nel seguire le tracce e un amore incondizionato per la loro terra. Contro di loro ci sono uomini disperati, vicini di villaggio ma armati e pronti a tutto pur di non farsi prendere e incarcerare.
11 febbraio ore 18.00
Dopo un inseguimento durato diverse ore nel bush, i bracconieri vengono accerchiati, nella colluttazione uno scout viene ferito lievemente, un bracconiere bloccato e due riescono a fuggire. La notizia alla radio provoca un sussulto in tutti noi che attendiamo notizie, il sorriso torna negl’occhi di tutti i lavoratori e la natura li ringrazia con un caldo tramonto dalle mille sfumature di rosso.
Sul ricordo di quell’immagine accompagnata da un brivido che scende lungo la schiena, mi congedo dalla vostra attenzione, ma solo per ora, intendo infatti proseguire nel raccontarvi questa esperienza nel prossimo articolo e sarà per me la parte più difficile da descrivere, poiché incontrerò quell’uomo, il bracconiere arrestato.