C’è qualcosa di profondamente simbolico nel trovarsi a camminare tra i monti italiani con la maglietta di una delle ONG più attive nella conservazione africana. Non è una posa: è un promemoria. Un legame che resta, anche quando il corpo è lontano.
Questa settimana ho percorso i sentieri della Val Troncea e sono salito fino alla sorgente del Po, tra rocce, silenzi e riflessi d’alta quota. Ma il pensiero, costante, era alla Namibia. E alla mia tribù: le guide, i volontari, gli elefanti del deserto e gli amici di EHRA – Elephant Human Relations Aid, che in questi giorni hanno pubblicato il Report Annuale 2024.

Un documento che parla chiaro
Il report 2024 di EHRA non è un semplice bilancio: è un termometro del futuro. Ogni paragrafo racconta una battaglia combattuta, vinta o ancora aperta, per la convivenza tra uomo ed elefante nel Damaraland, uno dei territori più duri ma anche più magici della Namibia.
L’acqua, sempre lei, resta al centro di tutto. La scarsità ha raggiunto livelli critici, e gli elefanti, assetati e tenaci, sono tornati a visitare i villaggi, rompendo pompe, serbatoi, tubature. Non per malizia: per sopravvivere. E lì, ancora una volta, EHRA ha costruito ponti invece di muri.
Nel 2024, grazie a EHRA:
Sono stati protetti oltre 10 pozzi con strutture solide, a prova di elefante.
È continuata la mappatura dei branchi grazie ai collari satellitari, strumento prezioso per prevenire i conflitti.
Sono state realizzate 48 settimane di volontariato attivo, con centinaia di partecipanti da tutto il mondo.
È stato ampliato il programma PEACE (People and Elephants Amicably Co-Existing), con un focus speciale sulle comunità locali e sulla formazione scolastica.
Sono state formate guide, ranger e contadini sul comportamento elefante e sulle soluzioni non violente ai conflitti.
Sono stati raccolti dati dettagliati sui movimenti degli elefanti, fondamentali per capire come cambia la loro vita in risposta alla crisi climatica.
Questo è il genere di conservazione che rispetto: scientifica, umile, integrata nel tessuto umano e culturale del territorio.

Con EHRA, sulle tracce degli elefanti del deserto
Quando accompagno i miei ospiti in Namibia – e spero di poterlo fare presto, appena questo benedetto visto sarà concesso – una delle esperienze più significative è il tempo trascorso con EHRA. Non è un safari come tanti, ma un’immersione autentica: si dorme nel letto secco di un fiume, si imparano a leggere le orme nella sabbia, si ascoltano le storie di chi ha visto intere famiglie di elefanti crescere, sparire, ritornare.
Ogni volta che torno con qualcuno in quei luoghi, racconto la conservazione per come l’ho conosciuta davvero: sul campo, con le mani nella sabbia e il cuore pieno di rispetto. È lì che ho imparato il significato profondo della parola “convivenza” e l’ho visto insegnato con pazienza e intelligenza da guide locali straordinarie.
Ovunque io sia, la conservazione cammina con me
Camminare tra le Alpi con la maglia di EHRA non è stato solo un gesto simbolico. È stato un modo per ricordare — a me stesso e a chi mi segue — che la conservazione non ha confini.
Il nuovo report 2024 di EHRA racconta un anno intenso, fatto di sfide vere e soluzioni concrete. E io ho avuto l’onore di viverne una parte, sul campo, con le guide che ogni giorno scelgono il rispetto al posto del conflitto.
Anche qui in Italia, lontano dal deserto, il mio lavoro continua: raccontare, far riflettere, creare connessioni. Perché proteggere significa prima di tutto capire. E solo chi conosce davvero può imparare a rispettare.
